La società civile ha celebrato la legge provinciale 22/2018 sulla Democrazia Diretta e la partecipazione come un passo decisivo verso questa democrazia di autodeterminazione. Allora perché essa si è sbagliata o è stata ingannata?
1. Nel corso del processo partecipativo per la redazione del disegno di legge (2014-2016), i principali legislatori provinciali competenti hanno più volte sottolineato che le regole della democrazia non rientrano tra le materie escluse dai referendum. Ciò corrisponde pienamente a quanto affermato da Marco Boato, proponente della relativa modifica costituzionale e statutaria.
Le regole della democrazia non figurano infatti tra le materie escluse nella LP 22/2018. Inoltre, più volte in passato i referendum in materia sono stati dichiarati ammissibili dalle competenti commissioni.
Invece la commissione prevista dalla LP 22/2018 e istituita dalla Giunta provinciale ha respinto in quanto inammissibili tutte le istanze sia di referendum propositivo che di referendum consultivo sulle regole della democrazia.
Rinomati avvocati e costituzionalisti considerano questa decisione ingiustificata. Il Tribunale di Bolzano, tuttavia, non ha accolto il ricorso contro la decisione della commissione.
Di conseguenza è necessaria una precisazione puntuale nella legge provinciale.
2. La Commissione ha inoltre respinto un’iniziativa popolare sulla biodiversità, con una motivazione che ha dimostrato che, in definitiva, una richiesta referendaria difficilmente potrà mai essere dichiarata ammissibile. Fare ricorso era impossibile soprattutto per motivi di costo. La composizione della commissione (giudici locali) e l’inadeguata definizione e limitazione del suo compito si sono rivelate il principale problema per tali decisioni (cfr. p. Xx Doc. YY per le ragioni).
3. Nell’estate del 2022, per la prima volta in 25 anni e dopo sette raccolte di firme andate a buon fine, due proposte di legge di iniziativa popolare dell’Iniziativa per più democrazia hanno fallito l’obiettivo nella raccolta delle firme. Le peggiori condizioni immaginabili per la raccolta di firme a sostegno nell’estate del 2022 hanno reso ancora più chiaro quali difficoltà devono affrontare le iniziative di democrazia diretta: se anche per un’organizzazione con molti anni di esperienza e ben conosciuta, come l’Iniziativa per Più Democrazia, non è più possibile superare gli ostacoli fissati, in che modo i gruppi di cittadini più piccoli o meno noti potrebbero mai farcela?
Il fattore decisivo nel fallimento delle ultime due proposte di legge di iniziativa popolare sono state le condizioni per la raccolta delle firme:
• l’ingiustificato e del tutto sproporzionato numero di firme richieste: 8.000, cioè lo stesso numero del referendum confermativo previsto dallo Statuto di Autonomia, che è uno strumento vincolante. La proposta di legge di iniziativa popolare invece, è solo una petizione di massa non vincolante. Per confronto: la legge regionale, applicata a livello provinciale, prevede per questo strumento solo 2.000 firme!
• l’improvvisa restrizione, da parte del presidente della provincia, della cerchia di coloro che sono autorizzati a autenticare le firme e questo senza che sia stata modificata la legge e dopo quindici anni di prassi diversa;
• il vincolo di poter firmare solo nel proprio comune di residenza (diversamente da quanto previsto dalla LP 10/2002 per il referendum confermativo e diversamente anche da quanto disciplinato a livello nazionale)
• l’impossibilità di raccogliere firme online, la cui necessità è diventata particolarmente evidente con la pandemia.
Le condizioni per le iniziative democratiche dirette sono notevolmente cambiate anche a causa della generale situazione di crisi. Questo cambiamento della situazione, evidente anche nelle elezioni, va tenuto in considerazione se si vogliono rendere effettivamente utilizzabili gli strumenti di democrazia diretta.
Proprio gli ostacoli come quelli sopra elencati hanno spinto la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, con la sentenza su una querela promossa da cittadini italiani, a chiedere allo Stato italiano di eliminarli e rendere così possibile l’esercizio dei diritti di co-determinazione democratica diretta.
L’Italia ha risposto in parte a questa richiesta introducendo la raccolta delle firme online a livello nazionale. La maggioranza al potere nel Consiglio provinciale in Alto Adige non ha risposto ai ripetuti inviti dell’Iniziativa per più democrazia di creare questa possibilità anche in Alto Adige.
Nelle condizioni descritte, nessuna di queste deficienze può essere sanata né da iniziative popolari né da referendum. Possono essere eliminati solo da una maggioranza nel Consiglio provinciale formata da quei partiti che finora hanno sostenuto gli sforzi per una maggiore democrazia.